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Premio Letterario Internazionale Jacques Prévert 2016
XXII Edizione

Ultimo aggiornamento: 26 Maggio 2017
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:
  • La scadenza per l’inoltro delle opere prevista al 30 dicembre 2015 è stata prorogata al 12 gennaio 2016. Fa fede la data del timbro postale di spedizione
  • La Giuria rende noti i risultati in data 29-04-2016. Gli autori premiati riceveranno comunicazione a mezzo lettera nei prossimi giorni.
  • La cerimonia di premiazione si è tenuta a Melegnano (Milano) sabato 11 febbraio 2017 presso il Teatro Polifunzionale La Corte dei miracoli in Piazza delle Associazioni, 19 con il patrocinio della Città di Melegnano Assessorato alla Cultura. Direzione artistica a cura di Fabrizio Ferrari coadiuvato da Cristina Petriccioli. Online le fotografie
Risultati

Risultati XXII Edizione Premio Letterario Internazionale Jacques Prévert 2016


La Giuria della ventiduesima edizione del Premio Letterario Internazionale Jacques Prévert 2016, presieduta per la sezione poesia da Olivia Trioschi, dopo attento esame delle opere pervenute ha decretato quanto segue:


Sezione Poesia


  • Opera 1^ classificata: “Serata galante” di Claudio Guardo, Cles (TN).
    Vince Targa Jacques Prévert – Attestato di Merito – Pubblicazione dell’opera in un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 100 copie – Attestato.
    Questa la motivazione della Giuria: «In bilico tra passato e presente, sospese tra emozione ingenua e consapevolezza amara, le poesie di Claudio Guardo si aprono come rose di stagione, gentili e acuminate. Gentili, perché sono misurate, sobrie, pesate una per una, verso per verso, parola per parola; ma come tutte le cose preziose, non mancano di acume, e di spine, avvolte come sono da una insostenibile percezione dell’ineluttabile casualità della vita, del fondo di dolore che sostanzia le esistenze, dell’approdo comune in cui sfocia ogni sentiero, che sia percorso con passo baldanzoso o sgomento. Claudio Guardo sceglie come suo spazio privilegiato di poesia quello, labile e sfumato, sospeso e indeterminato, dell’istante che precede il gesto, del respiro che accompagna l’incedere. Ed è in quello spazio che Claudio Guardo si muove e disegna sottili arabeschi, come fili di fumo o voli di rondine: ci sono venditori di rose e profili di città, insetti che godono di un istante di tripudio in piena luce e stormi di campane a sera, case vuote e gatti sbandati, come una fantasmagoria di vita guardata dal caleidoscopio, giocando a comporre e ricomporre le forme per vedere che effetto fa. Ma il sapore che resta, appena chiusa la raccolta, è quello di avere afferrato un lembo della verità, e di aver gustato poesia come può essere quella dei tempi nostri: aderente alle cose, minuscola nelle pretese, vasta quanto il nostro orizzonte di lettori lo consente». Olivia Trioschi.
  • Opera 2^ classificata: «Silloge senza titolo» di Giulia Paoletti, Roma (RM).
    Vince Attestato di Merito – Pubblicazione dell’opera in un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 50 copie – Attestato.
    Questa la motivazione della Giuria: «C’è un’altalena che vola molto in alto e piomba molto in basso nelle poesie di Giulia Paoletti. Al suo vertice tocca un cielo pulitissimo, sgombro di nubi e dolori, in cui una bambina vola liberamente con i bianchi lenzuoli, e in cui una giovane donna lucidamente specchia il suo cuore vibrante. Poi l’altalena precipita su una terra spoglia e afflitta, che un’anima dolente interroga senza la speranza di avere una risposta. Il moto dell’altalena si chiama amore, un amore totale che cerca di abbracciare e risvegliare ogni cosa con il suo soffio caldo: il prima e il dopo, chi c’era e chi deve ancora arrivare, chi comprende e chi volta le spalle. Un amore così può anche chiamarsi esaltazione o disperazione, perdono o rimorso. Sono i tanti volti di questo sentimento intatto, forse ingenuo ancora, ma pieno e vitale, che non teme di manifestarsi nella sua meravigliosa e crudele evidenza, con parole e versi scelti – a volte non scelti ma necessari e urgenti – con grande libertà di linguaggio e immagini. Con al centro, sempre, un “io” lirico che rivelando se stesso dà al lettore una chiave per vedere anche dentro il proprio cuore». Olivia Trioschi.
  • Opera 3^ classificata: «Amore inesatto» di Renato Rossi, Marina di Carrara (MS).
    Vince la pubblicazione in un quaderno di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit con assegnazione di 50 copie – Attestato di merito.
    Questa la motivazione della Giuria: «“Amore inesatto” è una pacata, lucida e amarissima constatazione che non ammette deroghe e obiezioni. Che si propone come un assioma, una sorta di dimostrazione geometrica: è così, ci dice l’autore, e nessuno può farci nulla. L’amore è inesatto per definizione. Del resto, chi abbia un poco di esperienza della vita ha perfettamente incisa nella carne e nelle ossa questa verità: non vi sono esattezza, equilibrio e conti che tornano, in amore. Ma a questa verità si arriva solo dopo, non prima. Perciò, la consapevolezza di quanto sia inesatto l’amore rappresenta l’approdo di un viaggio sentimentale e conoscitivo: come quello di cui Renato Rossi traccia la rotta nelle brevi poesie – così brevi da diventare, qualche volta, aforismi – che compongono questa raccolta e che, si intuisce, non sono ordinate in senso cronologico ma esistenziale, tant’è vero che la lirica cui si deve il titolo è posta in apertura, a significare forse un prologo, e a dare la chiave di lettura di quelle che seguono. “Ma l’amore io l’ho dato, / con la fretta di chi ha paura, / con la fame dell’assenza, / senza mai capire il tempo” dichiara l’autore nell’incipit: ed è una sorta di resa senza condizioni di fronte al mistero dell’amore e del sesso, della forza che spinge a cercare l’altro con la stessa intensità con cui poi lo si respinge. Dice bene Rossi, “senza mai capire il tempo”, e ancor meglio fa ignorando la dimensione temporale nelle sue poesie: oggi e ieri si tengono la mano, si rincorrono, fanno la giostra, a ricordarci che l’amore non è esatto perché sfugge all’orologio e perché ci porta in un spazio dove non vale nessuna regola, dove nessuno insegna come si fa, e dove solo si può regalare in modo “inesatto, farfugliato, traditore o scialbo, ma anche pieno, sbandierato”. Senza riserve e senza aspettative, in una partita che alla fine non ci vedrà vincere alcun premio,se non quello di poter dire “ho vissuto”. Altro non è dato, a chi traccia le rotte dell’amore». Olivia Trioschi


Opere Segnalate dalla Giuria:

  • «La luna da qui» di Patrizia Berlicchi, Roma (RM).
    Questa la motivazione della Giuria: «“La ginestra mi sbaraglia il cuore” è un verso bellissimo, un’intuizione poetica di luminosa bellezza. Come molte altre sono le “illuminazioni” che appaiono come stelle comete in queste poesie brevi, curate, elegantemente avvolte in rime appoggiate qua e là come piccole costellazioni musicali. Patrizia Berlicchi sa come accarezzare i cuori, stupire i sensi, far sorridere di complicità il lettore che sente i suoi versi vicini, amici, semplici e rivelatori al tempo stesso: e così ci si troverà a cantare sottovoce, insieme a lei, “con ciò che avanza / di una preghiera di una voce / tremolante / io canto nonostante”». Olivia Trioschi
  • «Pedagogia del volto» di Nicola Contegreco, Apricena (FG).
    Questa la motivazione della Giuria: «Quanta terra nelle poesie di Nicola Contegreco: terra in tutte le sue declinazioni di zolle aride e boschi oscuri, di sassi levigati e frane, di brune fertili cavità e tiepide morbide distese. E ogni zolla, ogni sterpo, ogni ramo e ogni singola foglia rivoltata nel terriccio rimanda a un corpo che è carne, sangue, viscere e nello stesso tempo terra e vento, acqua e verde. C’è molta, molta materia viva e pulsante in queste poesie; c’è molto bisogno di riannodare fili antichi tra uomini e terra che nutre, accoglie, toglie e copre, a ricordarci che siamo una cosa sola, se appena si spostano gli orpelli della cosiddetta civiltà». Olivia Trioschi
  • «Silloge senza titolo» di Mauro Lamantia, Milano (MI).
    Questa la motivazione della Giuria: «Aspre e giovani sono le poesie di Mauro Lamantia, che scolpisce versi come fossero pietra e incide parole con scalpelli affilati e punte di diamante. C’è un tu, indefinito e probabilmente non sempre lo stesso; c’è un io lirico che osserva se stesso e il mondo con occhio vigile e chirurgico, discernendo particolari e ricomponendo quadri d’insieme che diventano prospettive visionarie in cui convivono inquietudine e sorpresa. Sorprende positivamente la libertà nelle forme e la disinvolta ma efficace fusione di registri diversi, da quello colloquiale più “caldo” e intimo a quello formale, con punte di eleganza ricercata, ma non artificiale. Potrebbero sembrare poesie “difficili”, ma solo perché hanno accenti di verità». Olivia Trioschi
  • «Città Natale» di Domenica Sammaritano, Piacenza (PC).
    Questa la motivazione della Giuria: «“Tanto mi basta / e resto” è il sigillo di Domenica Sammaritano, tentata da un altrove che forse un tempo è esistito – o forse è stato soltanto immaginato – ma che infine si sorprende ad accogliere il sole che nasce, la luce che si distende sulle cose, il calore che non si arrende neppure davanti al gelo e comprende la vera natura dell’altrove: è qui, nelle cose che abbiamo intorno, nella faticosa costruzione di un presente contraddittorio ma vivo e nella altrettanto faticosa ma grata ricostruzione di un passato da cui abbiamo tratto linfa, desideri, anima e passione. Quelle di Sammaritano sono poesie di orizzonti e strade che riportano sempre al qui ed ora, perché il segreto di ogni passo è sentirsi “un po’ più autentici / di ieri”». Olivia Trioschi
  • «Silloge senza titolo» di Enrico Trivoli, Milano (MI).
    Questa la motivazione della Giuria: «È una sorpresa e una gioia trovare, tra molte e molte, poesie che profumano di secolo scorso, dove l’attenzione all’eleganza dei vocaboli si accompagna al gusto della descrizione pulita, sfavillante dei colori della natura, e illuminata dalla luce di occhi cari. Nelle poesie di Enrico Trivoli si sentono cura e profondità, sguardo profondo e altrettanto profonda rielaborazione: la sua non è una poesia di getto ma il risultato di una meditazione il cui approdo sono serenità e gratitudine che non dimenticano i dolori ma la racchiudono in sé, placandoli». Olivia Trioschi



Gli Autori Segnalati dalla Giuria vincono Attestato di merito e da 15 a 30 copie in omaggio nel caso di pubblicazione in volume dell’opera con la Casa Editrice Montedit



La Giuria della ventiduesima edizione del Premio Letterario Internazionale Jacques Prévert 2016, presieduta per la sezione narrativa da Massimo Barile, dopo attento esame delle opere pervenute ha decretato quanto segue:


Sezione Narrativa


  • Opera Vincitrice: «Aemilianus – Sive de amicizia» di Alessandra Casati, Monza (MB) .
    Vince Targa Jacques Prévert – Attestato di Merito – Pubblicazione dell’opera con la Casa Editrice Montedit con assegnazione di un minimo di 50 a un massimo di 100 copie.
    Questa la motivazione della Giuria: «La storia del grande Publio Cornelio Scipione Emiliano, divenuto famoso per esser stato il crudele distruttore di Cartagine e Numanzia, prende vita nell’affascinante libro di Alessandra Casati, che offre una diversa prospettiva nell’indagare la figura di Scipione Emiliano, passato alla storia con la nomea di uomo assetato di potere e di gloria.
    L’invenzione narrativa è rappresentata dalle figure di alcuni amici che sono stati vicini a Scipione e, alla sua morte, dopo il discorso funebre del “fraterno amico” Lelio, vogliono ricordarlo per confermargli la loro profonda amicizia e rimembrano ciò che rappresentò veramente come “uomo”, sempre capace di preservare l’amicizia nei loro confronti.
    La vita di Scipione viene rivissuta nel recupero memoriale sempre intenso: dalla scuola di retorica di Diogene, al primo consiglio di guerra a soli diciannove anni dove dimostra già le sue doti militari e tattiche e, poi, la grande vittoria contro Asdrubale, le vicende della sua carriera militare e politica ed, infine, il matrimonio sfortunato con Sempronia.
    Alessandra Casati regala una narrazione superba, grazie alla sua scrittura precisa e limpida, penetrante ed ammaliante, illuminando la figura di Scipione Emiliano e, con il suo libro, pare voler confermare ciò che scriveva Cicerone: “Gli amici più cari sono il sostegno più dolce”». Massimo Barile


Opere Segnalate dalla Giuria:

  • «Apax Legòmena» di Paolo Fiore, Fondi (LT).
    Questa la motivazione della Giuria: «Il romanzo di Paolo Fiore rappresenta un crogiolo di citazioni classiche, riflessioni filosofiche e riferimenti letterari che spaziano da Ovidio ad Eugenio Montale.
    Nella messe di disquisizioni culturali e rivelazioni spirituali prende corpo la storia del giovane protagonista al quale, da parte del professore, viene affidato, come argomento per la sua tesi, l’analisi della Lettera ai Galati di Paolo di Tarso, un vero apax legòmenon del Cristianesimo.
    Il serrato dialogo tra il professore e lo studente genererà interessanti e profonde considerazioni sull’umana conoscenza, sulla storia dell’Uomo, dell’arte, della filosofia e della religione e, logicamente, la consapevolezza illuminerà il percorso intrapreso.
    Non può mancare la storia d’amore e quando si scoprirà che la madre della fidanzata del giovane protagonista, è gravemente ammalata, lei scomparirà insieme al professore: l’unico segno lasciato ai due giovani saranno le lettere di saluto che diventeranno rivelazione dell’esistenza dell’amore.
    La considerazione finale parla chiaro: “Tutto è stato già detto una volta, perfettamente e per sempre”.
    Paolo Fiore regala un romanzo, sicuramente complesso, ma culturalmente affascinante e simbolicamente salvifico». Massimo Barile
  • «Riflessi nel ghiaccio» di Stefano Guarda, Busto Arsizio (VA).
    Questa la motivazione della Giuria: «Il romanzo di Stefano Camòrs Guarda rappresenta un simbolico “viaggio” nel profondo dell’anima, fino alla rivelazione finale che s’incarnerà nel ricongiungimento del protagonista con la moglie e la figlia, nell’amore di una famiglia che si ritrova nella simbolica dimensione superiore, amorevolmente abbracciati nella nuvola di nebbia che li condurrà al cielo.
    Il dolore si miscela con l’universo emozionale in un diario memoriale che vede la luce sulle vette del Monte Rosa e, con le sue parole struggenti, innalza l’animo umano e illumina la vita grazie all’amore immenso.
    “La vita è come la salita ad un monte e non si può sapere cosa ti attenderà dietro ad ogni spigolo: può essere terrificante e meraviglioso”: ecco il simbolo della finitudine e della condizione dell’Uomo». Massimo Barile
  • «La rivoluzione della bertulina» di Maria Denis Guidotti, Parma (PR).
    Questa la motivazione della Giuria: «Maria Denis Guidotti regala una storia originale che dalla semplicità di un’idea attinge la sua forza attraente. La narrazione presenta alcuni passaggi ironici e divertenti, sempre resi nel miglior modo e con la soavità d’un narrare pervaso di profonda sensibilità.
    La storia della famosa “bertulina” nasce, casualmente, mentre una donna sta girovagando tra le bancarelle del mercato di Campo dei Fiori, a Roma, quando si trova davanti ad un banchetto che espone una spada sopra una pentola a difesa della famosa “bertulina”.
    La casuale scoperta incuriosisce la protagonista che inizia ad informarsi e intraprende una sorta di autentica indagine tra musei ed archivi, fino a recarsi nella città di Cremona dove scoprirà l’arcano dopo aver incontrato don Uderbaldo.
    La complessa ricerca svelerà la storia di due amanti che, loro malgrado, avevano rivoluzionato il pensiero comune e le consuetudini sociali anche grazie ad una rivolta da parte delle donne che rivendicavano di avere pieno potere sulla famosa “bertulina” che conteneva i denari della famiglia.
    Maria Denis Guidotti è brava nel raccontare una storia socialmente importante e renderla viva e pulsante, con il sorriso sulle labbra e con l’ironia che illumina la sua visione narrativa». Massimo Barile
  • «Addavenì» di Saverio Maccagnani, Reggio Emilia (RE).
    Questa la motivazione della Giuria: «Il romanzo di Maccagnani Saverio è una fucina di idee narrative che esaltano la capacità creativa dello scrittore sempre veloce a muoversi sulla simbolica giostra della vita.
    La fantasmagorica costruzione letteraria si muove su due piani narrativi: da un lato, la vicenda di due secoli fa che vede protagonista un uomo, un tal Zaccheo, che scappa come un fuggiasco dalla sua vita travagliata, diventa un burattinaio e perde tutto, dalla donna amata alla sua identità e, dall’altro lato, la storia di un uomo che, nella realtà odierna, dopo aver militato nel gruppo politico Kronstadt ed esser stato considerato un pericoloso criminale, attualmente scrive per una rivista letteraria e viene a conoscenza della straordinaria storia del burattinaio.
    Le coincidenze sono stupefacenti perché anche lui, a causa della sua travagliata vita, ha perso l’amore della donna amata, è fuggito dalla sua precedente vita ed ha perduto tutto proprio come il burattinaio Zaccheo, alias Pigottini.
    La libertà di un artista girovago che vive libero sotto il cielo stellato non ha prezzo e Saverio Maccagnini ammanta la sua storia di una visione lirica, nonostante la piena consapevolezza della crudele realtà, sempre illuminando le sue parole con profondo animo poetico.
    L’estremo saluto narrativo è fissato nell’ultima pagina del suo libro: “Come insegnano la Storia e le storie che passano di bocca in bocca su qualsiasi teatrino di questa nostra vita, non si finisce mai di ricordare… di raccontare”». Massimo Barile
  • «Messalina, la meretrix augusta» di Daniela Musini, Città Sant’Angelo (PE).
    Questa la motivazione della Giuria: «Daniela Musini mette in evidenza la forte passione per la storia antica e la sua capacità narrativa che sprigionano l’effervescente rivisitazione storica, accompagnata da numerosi riferimenti classici, oltre a citazioni che denotano il proficuo studio della materia.
    La vita di Messalina, definita da Giovenale, “meretrix augusta”, è entrata nella leggenda seppur, ad una profonda analisi, la sua figura risulti ben più complessa.
    Valeria Messalina vive nella Roma Imperiale del I secolo d.C. che vede susseguirsi ben tre imperatori: Tiberio, Caligola e Claudio che fu anche suo marito.
    Fu una donna intelligente e scaltra, autentica divoratrice di uomini e famosa, nei secoli a venire, per la sua lussuria.
    Daniela Musini, nella sua narrazione, crea la figura di Lavinia, l’ancella preferita che, ormai sul finire della vita, si abbandona ai ricordi e narra la storia di Messalina, dalla sua fanciullezza al matrimonio con Claudio e la nascita del figlio Germanico, senza dimenticare episodi collegati alla sua dissolutezza e alle sue doti nel gestire gli intrighi della corte imperiale.
    Se pensiamo che il Senato di Roma decretò la damnatio memoriae per Messalina possiamo ben dire che fu un fallimento». Massimo Barile
  • «“L’anno prossimo a Gerusalemme” – Dietro le quinte dell’Esodo» di Giacomo Romano, Torino (TO).
    Questa la motivazione della Giuria: «Il libro di Giacomo Romano, come sottolinea l’Autore, nasce con l’intenzione di delineare la figura di Mosè, cercando di demitizzare il personaggio biblico e, al contempo, contestualizzandolo nell’ambiente sociale e nel periodo storico-culturale in cui si ipotizza sia vissuto.
    Confermando tale intenzione narrativa si genera la volontà di avvicinarsi criticamente al testo biblico che ammanta di sacralità la figura e le gesta di Mosè come guida del popolo ebraico. Ecco allora che le vicende dell’Esodo, miscelate con continue citazioni e riferimenti di carattere storico-culturale-religioso, degne d’uno studioso delle Sacre Scritture, vogliono offrire un ritratto “umano” di Mosè e, per questo motivo, oltre al suo dialogo con Dio, mettono in luce anche le paure e le emozioni di un essere umano, con le sue speranze e l’incombente senso di fallimento che lo attanaglia.
    La narrazione, come continuo flusso, segue l’universo emozionale degli ultimi giorni di vita di Mosè, facendo passare in secondo piano la mera successione cronologica degli avvenimenti.
    La testimonianza degli episodi importanti della vita di Mosè, i personaggi della Bibbia, la sorella Miriam e il fratello Aronne, solo per citarne alcuni, vengono affiancati da figure comuni di quel periodo storico che aiutano a comprendere la condizione sociale e la stessa visione del mondo all’epoca dell’Esodo e, rinvigorendo ancor più il gioco narrativo, si ritroveranno riferimenti anche a protagonisti storici che seguiranno nei secoli, come, ad esempio, Cristoforo Colombo.
    Decisamente originale e sorprendente il finale del libro quando si scoprirà che l’anonimo narratore ed il suo misterioso interlocutore non sono altro che due “pulci” che han trovato conforto sul mantello di Mosè.
    Giacomo Romano alimenta la sua scrittura con un oceano di riferimenti biblici, soffermandosi anche sull’etimologia dei vocaboli, con dotte dissertazioni e visione ad ampio spettro.
    L’idea risulta vincente e riesce a catturare l’attenzione del lettore pur se l’opera risulta complessa e di carattere accademico». Massimo Barile
  • «Signum Crucis» di Laura Torelli, Gioia Sannitica (CE).
    Questa la motivazione della Giuria: «Laura Torelli presenta un romanzo storico ambientato nella Napoli settecentesca che deve fare i conti con le continue lotte tra i sostenitori di teorie progressiste ed il clero, tra i magistrati e l’aristocrazia di una città dove ognuno rivendicava i suoi privilegi ed il suo potere.
    Nella narrazione di Laura Torelli, sempre attenta a miscelare profonde riflessioni filosofiche con le miserie umane, emerge la figura del giudice Anastasio, uomo intransigente e attento studioso che ripudia le ambizioni politiche, ma si trova a discutere di questioni filosofiche e principi religiosi seppur preferisca confrontarsi sull’alto concetto di Giustizia, che sempre alimenta il suo animo, e sulla mancanza di equità nel dirimere le semplici vicende quotidiane che interessano il “popolo”.
    Il ritmo incalzante della narrazione proporrà alterne vicende che ruoteranno intorno alla saga familiare dell’arrogante marchese Alfonso Ottino e di suo figlio che è un gran fannullone. Tra intrighi e connivenze per entrare a far parte delle casate nobiliari, loschi giri di potere e false reputazioni da difendere, non mancherà la storia d’amore tra Candida, figlia d’un conte ed il bravo, ma povero, Lorenzo che, aiutato dal giudice Anastasio, diventerà sicuramente un bravo giurista.
    La considerazione proposta, nel dispiegarsi del romanzo, diventa simbolo dell’umana vicenda: “Dio ha plasmato l’uomo in modo che questi possa assumere diverse forme: può innalzarsi ad angelo o diventare un bruto”». Massimo Barile
  • «Il sentiero dei miraggi» di Pierre Turcotte, Bassano del Grappa (VI).
    Questa la motivazione della Giuria: «Pierre Turcotte presenta un romanzo mirabolante con un turbinio di avvenimenti e colpi di scena da far invidia ad un film.
    Il protagonista viene a conoscenza, casualmente, di essere il figlio di un magnate dell’industria informatica a capo di un impero finanziario e, da questa rivelazione che gli viene fatta da un avvocato, inizia il tempestoso sviluppo narrativo che proseguirà tra la certosina ricerca dei documenti da parte dell’avvocato e la temeraria causa legale, tra oscure manovre finanziarie ed occulte trame.
    La miscela esplosiva che, pagina dopo pagina, viene generata, sempre alla ricerca della verità, deve fare i conti con omicidi e spietati sicari, rapporti internazionali ed una ramificata rete di connivenze finanziarie, lascerà spazio anche ad una storia d’amore.
    La complessa trama del romanzo non inficia la sostanza narrativa e la grande capacità di Pierre Turcotte nel regalare una scrittura profondamente coinvolgente e decisamente deflagrante, sempre giocata sul filo di lama». Massimo Barile
  • «Sottile come l’aria» di Angelo Vetturini, Riolo Terme (RA).
    Questa la motivazione della Giuria: «Il romanzo di Angelo Vetturini, dal tono “vagamente” shakespeariano, detta le sue leggi fin dall’incipit: “Parlo solo di sogni/generati da vana fantasia,/che ha sostanza sottile come l’aria/e più incostante del vento”.
    L’ardire nel raccontare domina la scena, un senso di separazione dal proprio essere che preme per interpretare l’altro sé, incostante come il vento, si muove sul palcoscenico, saccheggiando dal suo giacimento di “celestiale fantasia” e dalla sua scatola magica sempre pronto a tirar fuori una strega stupenda che ammalia con le sue forme brucianti e provoca visioni perverse.
    Nelle oscurità d’un simbolico teatro dei dissidi, il fantasma d’un romanziere rilegge la sua opera incompiuta, dopo che i suoi protagonisti l’hanno ucciso: la perfida mano del destino si impossessa dei personaggi e degli eventi, come dei tormenti e delle memorie, dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, del sacro profumo e della visione sciamanica, dell’orrore della persecuzione religiosa e della violenza dell’animo umano.
    Lo scrittore è eccentrico ed ispirato, dominus assoluto della tragedia umana, egli stesso è la fonte della sua arte che merita d’innalzarsi ad una virgiliana dimensione superiore.
    Il santuario dei misteri è il tempio della sua letteratura, degna del Genio delle Ombre, tra l’infamia del destino ed un delirio d’onnipotenza perché l’Opera s’interrompe solo perché la “penna sfugge di mano”... e v‘è solo aria gelida che può essere alitata sulle bianche pagine». Massimo Barile
  • «Also sprach Antimoleskine» di Stefano Virtuosi, Torino (TO).
    Questa la motivazione della Giuria: «Interessante volume di Stefano Virtuosi che, seguendo il filo conduttore simile ad un apologo gibraniano, pone al centro del suo scritto la figura di Filopete, simbolico profeta alla ricerca del “sussurro delle cose silenziose” e incarnazione messianica che, nel giorno del suo trentatreesimo compleanno, fu inchiodato alla croce della sua speranza.
    La sua Parola è potente: “Io sono la vetta oltre cui l’uomo getta se stesso… io sono la vetta in cui l’amore è feroce tiranno” e la sua presenza rappresenta la “cicatrice della terra”.
    Il cammino cristologico di Filopete, dopo il dialogo intimo con Dio nel deserto, vedrà il susseguirsi di numerosi incontri che spazieranno dal grande pensatore al ricco mercante; dal funambolo all’ultimo sognatore; da Afrodite, dea dell’Amore, al Fato; dalla grande Bellezza alla Morte che tutto avvolge con il suo mantello nero; dal grande maestro ai tre re vagabondi.
    Il ritorno di Filopete nella sua terra amata offrirà l’ultima verità: “A Voi dono la mia unica cosa – la mia ultima cosa: la vostra speranza”.
    Il tempo scandisce la Storia, l’egoismo dell’Uomo, la sua follia e l’inesorabile confronto con l’enigma ed il mistero della vita, errando nella notte più silente, cercando di illuminare il volto della donna velata, personificazione dell’Ombra che incatena gli uomini.
    Stefano Virtuosi offre un chiaro esempio di narrazione precisa, attenta, totalizzante». Massimo Barile



Gli Autori Segnalati dalla Giuria vincono Attestato di merito e da 15 a 30 copie in omaggio nel caso di pubblicazione in volume dell’opera con la Casa Editrice Montedit


La Giuria ha stabilito di offrire vantaggiose proposte di pubblicazione ad una rosa di opere finaliste di entrambe le sezioni.


La cerimonia di premiazione si è tenuta a Melegnano (Milano) sabato 11 febbraio 2017 presso il Teatro Polifunzionale La Corte dei miracoli in Piazza delle Associazioni, 19 con il patrocinio della Città di Melegnano Assessorato alla Cultura. Direzione artistica a cura di Fabrizio Ferrari coadiuvato da Cristina Petriccioli. Online le fotografie


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